C’è una riflessione in merito all’esito del referendum che forse è
sfuggita a molti. Certamente è sfuggita ai media. Eppure a mio avviso è
estremamente indicativa almeno per qualche aspetto.
Dunque: la campagna – neanche tanto subliminale – che sia la politica
che le grandi industrie e i media più importanti hanno fatto nei mesi
precedenti la data del referendum, era visibilmente spostata nei
confronti del Sì.
Impossibile, per chi non è in conflitto con la propria onestà
intellettuale, per chi di mestiere naviga tra
giornali-radiogiornali-telegiornali e anche per chi guarda con occhio
attento e panoramico quanto accade in Italia, non aver colto che sia le
grandi lobby economiche (la farmaceutica dice nulla?), sia i più grandi
quotidiani (Corriere della Sera, Repubblica, Stampa… ed editorialisti
affini) sia alcune parti della politica anche in maniera molto curiosa
(Fini…) hanno spinto e si sono schierati a favore del Sì.
Il dato del referendum – ossia il dato della gente – è stato invece di segno opposto. Evidentemente.
Qual è la riflessione?
È evidente, palpabile, non più nascondibile, che esiste uno scollamento
molto ampio e incancrenito tra l’opinione pubblica e il resto chiuso
nei palazzi (della politica, della stampa, dell’economia). Come se da
un lato ci fossero le esigenze e i pensieri della gente e dall’altro
quelli (interessati, ovviamente) di lobby economiche (cui politica e
giornalismo sono in molti casi palesemente collusi).
Risultato: uno, anzi due, anzi tre.
Primo: lo scollamento è sempre più evidente, segno che c’è una enorme
frattura tra opinione pubblica e gestione del potere (politico,
economico, mediatico…).
Secondo: tale scollamento si farà sentire, certamente, anche in merito alla campagna elettorale per le politiche del 2006.
Terzo: esiste una enorme area per la nascita di soggetti nuovi
(politici, economici, mediatici) che possano ascoltare di più le
opinioni del Paese onde poter recuperare il rapporto stretto con
l’opinione pubblica.
Sintesi: il primo (i primi) che coglieranno tale esigenza, “faranno filotto”.
Vedrete: in Italia c’è un disperato bisogno di un partito-movimento-aggregazione populista.